martedì 22 luglio 2008

19 settembre primo corteo nazionale lavoratori dei Call Center


Call center, i lavoratori ci provano

da punto-informatico.it, martedì 22 luglio 2008

Roma - Molti di loro sono tra i più invisi propagatori di pubblicità oggi attivi in Italia e molti altri devono assorbire il malcontento di orde di utenti insoddisfatti del comparto delle telecomunicazioni, ma tutti condividono condizioni di lavoro che sono spesso carenti, e diritti che vengono talvolta calpestati.

Sono i lavoratori dei call center d'Italia, precari dell'ICT che hanno annunciato una grande manifestazione nazionale. Organizzati da SLC CGIL, il sindacato dei lavoratori del settore della Comunicazione che fa capo alla CGIL, sfileranno il 19 settembre per le vie di Roma per rendersi più visibili, e ricordare al governo, alle imprese per cui lavorano e a chi affida loro le commesse, che il mercato è fatto di persone e non solo di corsa al ribasso dei prezzi dei servizi.

Molte cose sono cambiate negli ultimi due anni, con la regolarizzazione di numerosi lavoratori che si sono visti riconoscere diritti di base, soprattutto sul fronte inbound, ovvero nei servizi telefonici dedicati al Customer Care, all'assistenza di utenti che cercano un contatto con un'azienda o un fornitore. Una voragine invece ancora aperta la situazione degli operatori outbound, le cui condizioni lavorative sono state spesso denunciate dagli impiegati: redditività delle giornate di lavoro in continua mutazione, abbassamento dei premi produzione, formazione scarsa e via rabbrividendo.

In una nota, SLC CGIL sostiene che "il settore dei call center ha conosciuto in questi anni una profonda evoluzione, con migliaia di lavoratori stabilizzati e con un impegno congiunto dei sindacati e delle istituzioni (ministero del Lavoro, Servizi Ispettivi, INPS, INAIL) per contrastare il ricorso al lavoro precario e irregolare. Questo impegno ha portato anche i principali committenti - soprattutto sull'inbound - ad assegnare nuove commesse tenendo conto del nuovo costo del lavoro e del tentativo di scommettere sulla qualità dei servizi".

Tutto bene dunque? Non proprio: l'abolizione degli sportelli aperti al pubblico e la trasformazione di ogni contatto tra utente ed impresa in un rapporto telefonico con società esterne rappresenta un mercato ancora acerbo, in cui i negoziati sul valore delle commesse spesso si traducono in servizi di qualità scadente e condizioni di lavoro inaccettabili, per non parlare dei contratti illegali che spesso vengono fatti firmare a questi operatori.

Anche per questo, avverte il sindacato, si lavorerà su alcuni fronti a partire proprio dalla manifestazione del 19 settembre, e in particolare sulla "stabilizzazione di tutti i lavoratori del settore (oltre 30mila i lavoratori ancora con contratto a progetto)", sulla crescita della qualità e dei nuovi servizi "e non sulla sola competizione su salari e diritti e contro il dumping delle imprese che ricorrono a lavoro nero e al lavoro precario".

Non solo, alle imprese si chiederà l'applicazione ed il rispetto delle circolari del ministero del Lavoro, si spingerà per un maggior numero di controlli, come quelli che hanno portato alla sanzione di imprese che assumevano a progetto migliaia di dipendenti ma in modo illegale, con contratti ripetuti e fuorilegge. E si chiederà infine, conclude il comunicato, di "introdurre nel settore clausole sociali di tutela occupazionale in caso di cambio di commesse", un punto chiave per evitare, come succede oggi, che molti operatori perdano il posto di lavoro non appena un committente decide di spostare la commessa per un servizio ad un'altra società di call center: in arrivo nuovi ammortizzatori sociali anche nell'outbound? Il sindacato ci spera, i lavoratori incrociano le dita.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

RACCOLTA DI FIRME A DIFESA DELLA LEGGE CONTRO I LICENZIAMENTI MASCHERATI DA DIMISSIONI

Questo Appello è lanciato dalle donne che hanno partecipato nell’aprile del 2007 alla Tavola Rotonda di presentazione della legge alla Camera dei Deputati:
Titti Di Salvo (Presidenza Sinistra Democratica), Marisa Nicchi (Direttivo Sinistra Democratica); Morena Piccinini (segreteria confederale CGIL), Renata Polverini (segretario generale UGL), Marialina Marcucci (imprenditrice) Ritanna Armeni (giornalista), Giovanna Casadio (giornalista)

La legge 188 del 17 ottobre 2007 è una legge contro l’abuso di potere compiuto spesso nei confronti di giovani lavoratrici e lavoratori al momento dell’assunzione. È allora che capita che venga loro richiesto di firmare una lettere di dimissioni in bianco, cioè senza data. La data verrà messa successivamente, quando quella ragazza sarà incinta, o quel ragazzo avrà avuto un infortunio o una lunga malattia. Che questa pratica sia diffusa è confermato dai dati della Acli, dell’Isfol e da quelli degli uffici vertenze del sindacato. Dai dati emerge anche la conferma che le più colpite sono le donne in gravidanza.
La ministra Prestigiacomo e la ministra Turco, nelle rispettive legislature hanno provato ad arginare il fenomeno con norme che si proponevano di accertare la veridicità delle dimissioni volontarie avvenute intorno a una gravidanza o a un matrimonio. Generosi tentativi che non prevenivano l’abuso di potere, davano solo una possibilità che questi abusi venissero corretti ex post e in ogni caso per iniziativa di una denuncia della persona vittima dell’abuso.
La legge approvata nell’ottobre del 2007, al contrario, ha una funzione preventiva. Le dimissioni volontarie devono essere date soltanto su moduli numerati progressivamente che avendo una scadenza non possono essere compilati prima del loro utilizzo.
Si tratta di una legge semplice ed efficace, priva di costi. Quando l’abbiamo presentata, abbiamo cercato il consenso delle donne di tutto il centro sinistra e del centro destra. Una apprezzamento che è venuto e con esso il voto favorevole di tutto il Parlamento quando a luglio alla Camera e a ottobre al Senato la legge è stata approvata.

Confindustria all’epoca non era d’accordo, con le stesse motivazioni che oggi ripete Sacconi che già allora in Senato provò a bloccarla.
L’ossessione del ministro per questa legge dunque arriva da lontano. Ma noi non staremo a guardare e già da oggi lanciamo un appello alle donne del sindacato, della politica, dell’informazione di costruire una grande iniziativa contro gli abusi di potere, per la dignità del lavoro, per la libertà delle donne.

Attendiamo le vostre firme per dare forza a questo appello

nolicenziamentimascherati@gmail.com

Anonimo ha detto...

io firmo

Anonimo ha detto...

io no

Precari in Linea ha detto...

venerdì 1 Agosto 2008 (11h35) :

L’attacco al lavoro ovvero la morte della mente

di Marvelli Lorenzo

Finalmente i governi Prodi e Berlusconi hanno gettato la maschera. Sottoposti alla pressione del capitale hanno cercato di far credere di rappresentare gli interessi di tutti; ci sono riusciti a fatica per un bel po’, spesso chiedendo agli stessi sindacati ed ai partiti di sinistra di reggere il gioco.

Hanno sostenuto coraggiosamente che la trasformazione del lavoro ovvero il passaggio dal fordismo al postfordismo, dall’operaio massa al lavoratore della conoscenza, almeno in questa fase di crisi globale, avrebbe dato vantaggi all’impresa e svantaggi ai lavoratori ma poi... Poi invece nulla!

Tutti indistintamente hanno avuto la faccia tosta di chiederci sacrifici perché ci hanno detto che solo dal nostro sangue si sarebbe potuto ripartire.

Ci hanno chiesto di firmare in definitiva una cambiale in bianco educandoci al consumo sfrenato allo scopo di distogliere i nostri pensieri dal bisogno e dai desideri per indirizzarli invece verso la futilità di una vacanza in un centro Alpitour, dell’acquisto di un videofonino, di uno schermo al plasma

E’ su questa menzogna che siamo stati governati, o meglio, addomesticati e resi docili, costretti al lavoro senza più riposo mentre i salari, come in una lenta e irreversibile emorragia, perdevano il loro potere d’acquisto ma non il loro potere simbolico presso banche ed agenzie finanziarie che, sicure d’essere risarcite, ci hanno gonfiato le tasche di soldi facendoci credere ricchi per un attimo per poi passare al riscatto facendoci sentire dei poveri cristi pieni di debiti.

Questa menzogna che negli ultimi anni ha preso il nome di rappresentanza ci ha raccontato che la soluzione dei nostri problemi risiedeva assolutamente ed esclusivamente nel politico e nelle sue forme istituzionali e non invece nel sociale, direttamente lì nel basso ed in maniera autonoma ed autodeterminata.

Piano piano ci siamo sentiti un masnada di mentecatti incapaci di una pur minima organizzazione: alla solidarietà, al collettivo, alla possibilità di fare insieme, abbiamo presto sostituito l’individualismo che nei luoghi di lavoro si chiama meritocrazia, concorrenza, carrierismo ma anche gabbie salariali, premi di produzione legati alla produttività, straordinari...

Gli abbiamo creduto e per questo ci siamo divisi credendoci ognuno nemico dell’altro, credendoci in perenne competizione.

Con la benedizione dei sindacati, con le capriole della sinistra di governo nel tentativo di raccontarcela utilizzando la terminologia trascendente dalla finanza come fosse una sorta di religione indiscutibile.

Dovevamo essere lavoratori disciplinati e docili, lavoratori più poveri e più solerti per concorrere al superamento delle crisi economiche che si sono succedute una dietro l’altra mentre, di pari passo, il profitto delle imprese cresceva esponenzialmente anche se questo, nessuno ce lo stava dicendo.

Ora però, la verità sopravanza la menzogna: il capitalismo finalmente maturo non ha più bisogno di spacciarsi per quello che non è e il capitale chiede ai governi che lo hanno fino ad oggi promosso dappertutto e sostenuto a spada tratta anche con la guerra preventiva e duratura, di calare la maschera e di presentarsi per quello che sono realmente.

L’attuale governo, l’ultimo dell’ era berlusconiana, inserisce nella finanziaria la sanatoria sulle cause di lavoro precario, un provvedimento che impedisce alla magistratura di chiedere la stabilizzazione per quei lavoratori precari nei confronti dei quali, le aziende hanno avuto comportamenti illegittimi. I lavoratori non stabilizzati si dovranno così accontentare d’ essere risarciti dall’azienda con un modesto indennizzo e quindi tagliare la corda.

Questo vuol dire che se fino a poco tempo fa la precarietà aveva un limite, ora non sarà più così realizzandosi il sogno dell’impresa ovvero quello di poter disporre di lavoratori precari in eterno, poco o per nulla sindacalizzati, molto ricattabili e sottopagati.

Cosa succederà nelle fabbriche, nei call center, nelle aziende della grande distribuzione, nella scuola, nell’Università?

Cosa succederà negli ospedali, agli infermieri assunti a tempo determinato ed in attesa di una qualche stabilizzazione?

Oggi le ASL, con la nuova norma del governo, potranno evitare di organizzare concorsi tenendo personale precario a vita, sostituendolo ed indennizzandolo via via ed in pratica mantenendo un esercito di schiavi a servizio nelle corsie.

La differenza tra un infermiere precario ed uno stabilizzato non è solo una manciata di euro alla fine del mese. Ci mancherebbe altro! La differenza sta nell’impossibilità per i precari, proprio per il fatto d’essere lavoratori della conoscenza, di immaginare il nursing liberamente mettendo al centro di questo processo mentale il paziente ovvero un corpo-di-bisogni e non altro.

E’ proprio intervenendo su questo potenziale di immaginazione della mente infermieristica che si riporta il lavoro, da opera d’ingegno, a semplice servizio.

L’assalto alle forme di lavoro libero e creativo nasconde proprio la necessità, direi l’ossessione, di dominarlo in tutti i suoi aspetti, di controllarlo, di impedirgli ogni possibile collocazione al di fuori dei binari prestabiliti che sono quelli dettati dal capitale.

E’ questo il punto: fare degli infermieri dei lavoratori asserviti al capitale sterilizzando la loro capacità creativa di cura.

Questo nuovo proletariato della conoscenza ha quindi l’obbligo di riappropriarsi delle proprie risorse mentali se vuole smettere di servire, se vuole continuare ad immaginare processi assistenziali lontano dai dispositivi di potere sulla sanità e sui corpi.

Di fronte a quest’ultima iniziativa del governo sulla precarietà, la riappropriazione dell’intelletto infermieristico può realizzarsi non soltanto dentro gli ambiti istituzionali e attraverso l’azione dei collegi, delle organizzazioni sindacali, dei circoli di cultura infermieristica e delle riviste ma anche e soprattutto forse, data l’urgenza, attraverso la mobilitazione spontanea, l’azione diretta, la diffusione di materiale informativo e tutte quelle pratiche che mettono in gioco la propria responsabilità, il proprio coraggio, il proprio desiderio di trasformare l’esistente.

Precari in Linea ha detto...

Precari, 6 mila contratti a rischio
Dalle Poste ai call center: gli effetti in Sicilia della norma stoppa vertenze
di Alberto Tundo
Duemila lavoratori delle Poste, tra portalettere e sportellisti, più una cifra che si aggira tra i tremila e i quattromila precari dei call-center. Seimila persone circa, alle quali bisogna aggiungere gli stagionali, gli apprendisti, coloro che hanno contratti a progetto o a termine in tutti gli altri settori. Insomma, il precariato declinato in tutte le sue molteplici forme. Migliaia di lavoratori in Sicilia che, per effetto dell´emendamento alla manovra in discussione alla Camera, già ribattezzato "anti-precari", adesso vedono l´assunzione a tempo indeterminato come un miraggio sempre più lontano. Nel lunedì di passione in cui i giornali danno notizia della scelta del governo, a parlare con i vertici siciliani di Cgil e Cisl si ricava l´impressione di un sindacato colto di sorpresa. Non esita, ad esempio, a parlare di «colpo di mano» il segretario della Cisl Sicilia Maurizio Bernava: «Come altro definire un provvedimento del genere? Non c´era nessuna urgenza, ma la cosa più grave è che non è stato concordato con le parti sociali». Altrettanto secco il commento di Emilio Miceli, segretario generale di Slc-Cgil: «In questa vicenda si vede tutta la disinvoltura etica di Confindustria, perché sono gli imprenditori ad aver sollecitato la norma».
Il provvedimento in questione consentirà alle imprese di non dover più assumere in pianta stabile lavoratori a tempo determinato che ne abbiano maturato le condizioni. Basterà che paghino una cifra tra le due e le sei mensilità per liquidare la questione. La norma, inoltre, ha valore retroattivo, cioè riguarda anche i contratti stipulati in precedenza.

Ieri, il governo ha ribadito che non ritirerà l´emendamento anti - precari. E così resta sul tappeto il destino di migliaia di lavoratori a termine in Sicilia. Ma quanti sono i contratti a tempo che rischiano di non venir mai trasformati in assunzioni stabili? E in quali settori, nell´Isola, la norma contenuta nella manovra di Tremonti rischia di fare più male? «Se il governo non farà un passo indietro - dice Bernava - saremo costretti a quantificare e ad aggregare i dati». La risposta di Miceli, però, non lascia molte speranze: «Non sarà secondario, perché ovunque il mercato del lavoro è debole, è il precariato a farsi largo. Sono queste le tipologie contrattuali alle quali si ricorre di più». Ancora più esplicito Nicola Leanza, segretario regionale dell´Mpa: «Le nuove norme sul precariato in discussione al Senato sembrano fatte apposta per penalizzare i lavoratori siciliani».


Grandi società di servizi come Enel e Ferrovie, ma anche imprese che operano nel turismo, nel commercio e nelle telecomunicazioni: queste sono quelle che potrebbero avvalersi di più della nuova regolamentazione. Ma la situazione più critica, al momento, appare quella dei lavoratori delle Poste e dei call center. In particolare, su circa 20 mila ricorsi di precari contro l´amministrazione postale, circa 2 mila sono quelli che riguardano la Sicilia: un decimo del totale. Conferma la stima Giuseppe Lanzafame, segretario provinciale Cisl - Poste Catania: «Ci sono circa duemila lavoratori che rischiano di finire per strada». Davide Sulis, segretario regionale della Slc-Cgil, teme gli effetti sulle vertenze: «Circa il 90 per cento delle cause in corso sono già arrivate o in procinto di arrivare in Cassazione. E sono quasi tutte vinte. Con questa norma i ricorsisti si ritroverebbero con poco o niente in mano e le spese processuali da sostenere».

L´altro settore a rischio è quello dei call center. Il quadro tracciato da Francesco Assise, segretario regionale della Fistel Cisl, è a tinte fosche: «Soltanto a Palermo ci sono un migliaio di precari nei circa settanta call center in funzione, altrettanti nel Catanese, circa seicento nel Trapanese. Sono anni che noi lavoriamo con queste società per favorire la loro stabilizzazione, anche facendo ricorso ad ispezioni. Questa norma ci taglia le gambe, è un incentivo allo sfruttamento del precariato. Finora, nonostante i tempi lunghi delle cause, le aziende erano incentivate a trattare con i sindacati. Adesso questa leva non ci sarebbe più».
(29 luglio 2008)

Precari in Linea ha detto...

"Radio Call Service": le dipendenti scioperano al contrario

La speranza appesa alla politica. Molte le prese di posizione

Le ragazze di "Radio Call Service" di Gliaca di Piraino e "Call Center Italia" di Palermo, come ogni giorno da 25 anni, rispondono anche oggi «Buon giorno, sono... in cosa posso essere utile?». Lo hanno comunicato ieri le stesse dipendenti, che non si arrendono alla chiusura dell'azienda, a partire da oggi, e mettono in scena questo "sciopero al contrario".

«Non vogliamo essere figli dell'assistenzialismo. Vogliamo fortemente vivere del nostro lavoro. È un nostro diritto. Lo dice anche l'art. 1 della Costituzione. Stiamo facendo un investimento importante a garanzia del nostro futuro e di quello delle nostre famiglie. Se non fossimo al verde, investiremmo in denaro; invece investiamo ciò che di più prezioso possediamo: il nostro tempo e la professionalità acquisita in tanti anni: lo facciamo con la certezza che lo Stato non può abbandonarci!».

Le speranze delle dipendenti, e di tutto il gruppo imprenditoriale (che, lo ricordiamo, comprende anche la camiceria "Castello" di Brolo), sono appese a diversi fili, sindacali, ma anche politici. A partire dalle proposte messe in campo dall'assessore regionale al Lavoro Carmelo Incardona e dal responsabile della Task force per l'Occupazione Salvatore Cianciolo, sulla rateizzazione dei debiti tributari e fiscali dell'azienda, in modo da consentirle di ottenere il Durc, il documento di regolarità che le consentirebbe di partecipare a nuove gare d'appalto e riscuotere i crediti ancora vantati nei confronti di diversi clienti. E poi ci sono tutti gli interventi politici, a tutti i livelli, che chiedono soluzioni positive per salvaguardare i posti di lavoro. Il Consiglio comunale di Brolo ha espresso solidarietà e ha proposto il congelamento dei tributi comunali dovuti. Solidarietà è stata espressa, per la camiceria "Castello" (ma la vertenze è, si può dire, unica) anche dal sindaco di Capo D'Orlando Enzo Sindoni. Diversi politici regionali hanno preso posizione contro l'eventualità della chiusura, ultimo il segretario regionale dei Comunisti Italiani Salvatore Petrucci, che ha duramente accusato il presidente Raffaele Lombardo.

Si attende, inoltre, il risultato dell'interrogazione a risposta scritta al ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, da parte capogruppo dell'Mpa a Montecitorio Carmelo Lo Monte. Nell'interrogazione si legge, tra l'altro: «È urgente che il ministro Sacconi, d'intesa con Regione Sicilia, adotti tutte le misure indispensabili per avviare un piano di risanamento del gruppo ed evitare ai lavoratori e alle loro famiglie una situazione divenuta ormai insostenibile»

Le dipendenti hanno ricordato che hanno istituito un indirizzo di posta elettronica, al quale si può scrivere per lasciare un segno di solidarietà:

leragazzediradiocall@libero.it