domenica 16 settembre 2012


DOMANI
17 SETTEMBRE 2012 

*** SCIOPERO DELLE TELECOMUNICAZIONI ***
** PER TUTTO IL TURNO DI LAVORO **

SLC-CGIL FISTEL-CISL UILCOM-UIL

MANIFESTAZIONE A CAGLIARI, ORE 10 PIAZZA DEL CARMINE


Il contratto collettivo Nazionale delle Telecomunicazioni è scaduto ormai dal 31/12/2011. Da quel momento ad oggi abbiamo assistito a una totale chiusura della parte datoriale a trovare un accordo rispetto alla piattaforma presentata delle OO.SS., che in primis punta in modo responsabile al recupero del potere d’acquisto delle retribuzioni, e che comporti una gestione nelle dinamiche degli appalti a salvaguardia delle professionalità e dell’occupazione dei singoli territori.

Inoltre le aziende delle Telecomunicazioni hanno scelto la strada dell’involuzione economica e sociale, con il pericoloso rischio di ritrovarci domani un nuovo e separato contratto per la parte dei Call Center, peggiorativo in quanto più debole e precario.

SIAMO CHIAMATI TUTTI A SCIOPERARE E MANIFESTARE LUNEDI


CONCENTRAMENTO IN PIAZZA DEL CARMINE E CAGLIARI ALLE ORE 9.30

CORTEO LUNGO LA VIA ROMA 
E CONCLUSIONE PRESSO LA SEDE DI CONFINDUSTRIA.

domenica 19 agosto 2012

Alla Energit di Cagliari a rischio 63 lavoratori



Lettera a "Il Manifesto" 
di Giuliana Perrotti 
(dipendente della società Energit di Cagliari e delegata della Slc Cgil)

Vorrei informarvi della vertenza riguardante la nostra azienda, che rischia la chiusura in un territorio nel quale la crisi del lavoro ha ricadute sicuramente peggiori rispetto ad altre zone d'Italia. Energitnasce a Cagliari nel 2000 come multiutility da un'idea di un imprenditore locale, Luigi Filippini, per occuparsi di telefonia fissa e servizi web, e contemporaneamente cogliere le opportunità crescenti del mercato elettrinoci che nei primi anni 2000 vede l'inizio del processo di liberalizzazione. L'azienda si distingue per la sua rapida crescita nel panorama economico sardo, come una struttura autonoma e funzionale che può contare su professionalità elevate e un altissimo livello di personale laureato. Nel 2006 l'azienda viene acquisita dal gruppo svizzero Atel, ora Alpiq, che cede il ramo d'azienda relativo a telefonia e servizi web, riducendo l'attività di Energit alla vendita di energia nel mercato dei piccoli consumatori, sia a partita Iva che privati. Nel 2011 la casa madre Alpiq ha iniziato ad attuare un piano di ristrutturazione che prevede la dismissione delle attività di vendita nel settore retail, e contestualmente la focalizzazione delle proprie attività in Svizzera, a discapito delle altre società del gruppo presenti in territorio europeo. 
Nell'ambito di questo piano, nel 2012 Energit è stata messa in vendita attraverso una procedura pubblica nel mese di aprile, ma a fronte di qualche tiepida manifestazione di interesse iniziale da parte di altri operatori del comparto energia, a giugno Alpiq ha comunicato che non sono stati presentati impegni formali d'acquisto. Nonostante le aspettative e le necessità di chiarezza più volte rappresentate da parte dei lavoratori al gruppo Alpiq durante quest'anno, non sono mai pervenute rassicurazioni sulle intenzioni di consolidamento e rilancio della società Energit fino all'annuncio reso il 26 luglio. In tale data Alpiq ha tenuto un incontro con le organizzazioni sindacali e i rappresentanti di Confindustria Sardegna Meridionale presso la sede degli industriali, per comunicare la decisione di mettere in liquidazione la società, e aprire contestualmente la procedura per la messa in mobilità di tutti i dipendenti.

A partire dal 26 luglio decorrono i 75 giorni a disposizione per trovare un accordo per la salvaguardia dell'occupazione, al termine dei quali i 63 dipendenti potranno essere licenziati, nell'ambitodella procedura di liquidazione stabilita da Alpiq. Il 31 luglio si è tenuto un incontro convocato dall'Assessore all'industria, al quale hanno preso parte le organizzazioni sindacali Slc Cgil e Uilcom e datoriali. I vertici aziendali hanno comunicato la presenza di due soggetti interessati, i quali non hanno ancora formalizzato un'offerta vincolante e chiesto di mantenere l'anonimato. Una proposta riguarderebbe l'acquisto dei clienti e il collocamento di 22 dipendenti, che verrebbero in larga parte inseriti sul territorio nazionale, mentre soltanto un piccolo numero resterebbe in Sardegna; l'altra proposta interesserebbe circa il doppio dei dipendenti e sarebbe stata manifestata di recente attraverso la richiesta di informazioni dettagliate sulla società. I lavoratori, che per l'occasione avevano proclamato uno sciopero di tre ore e mantenuto un presidio di fronte agli uffici dell'Assessorato all'Industria, scongiurano venga attuata una vendita separata degli asset senza ricollocamento dei lavoratori, o con un ricollocamento minimo. Cgil e Uilcom avevano precedentemente incontrato l'sssessore Zedda in due occasioni, per richiedere all'Assessorato all'Industria una partecipazione attiva nella vertenza Energit. L' 8 agosto si è tenuto quindi un nuovo incontro in Regione alla presenza dell'Assessore all'Industria Zedda, dell'azienda, di Confindustria e delle parti sociali, incontro durante il quale soggetti imprenditoriali locali hanno manifestato il proprio interessamento verso le attività di Energ.it e parrebbero disposti ad assorbire un maggior numero di lavoratori. L'incontro, seppure interlocutorio, è sembrato aprire spiragli di soluzioni favorevoli, dato soprattutto il ruolo di garanzia svolto dall'Assessorato nel valutare l'attendibilità dei soggetti che si sono presentati. Dal canto suo l'azienda si sta rendendo disponibile a valutare tutte le possibilità che si dovessero offrire senza premere per una chiusura ravvicinata delle trattative. Tutte le parti hanno convenuto nell'individuare in un mese il lasso di tempo congruo perché questi soggetti imprenditoriali possano prendere visione dei dati aziendali necessari a formulare evenutalmente delle offerte vincolanti, fissando quindi il prossimo incontro per il 13 settembre prossimo.

sabato 7 luglio 2012

Le radici ad abbracciare





di Roberto Loddo

Nel parco assolato di Simaxis, decine di bambini festanti con il viso colorato hanno accompagnato la giornata di Domenica 24 Giugno “Eco-scambi e Transumanze sul Tirso”. Una giornata di festa fatta di dibattiti, laboratori e giochi in piazza, nel parco e nelle strade del paese. Dal mattino fino al tramonto. L’evento, organizzato dalla cooperativa sociale “Sinnos” – Spazio Abbamama ha avuto come tema centrale “il cibo che cura la Terra” ed ha unito in questo progetto diverse realtà sociali e culturali, insieme ai giovani dei paesi della zona del parco fluviale del Fiume Tirso. Una giornata interamente dedicata ai bambini, alle loro famiglie, e a tutti i soggetti che in Sardegna portano avanti buone pratiche di green economy e sostenibilità. Compresi i consumatori. L’ampia partecipazione alla mostra mercato e a tutte le iniziative della giornata ha dimostrato ciò che la cooperativa Sinnos (segni) sostiene dal 2008, anno della sua fondazione:“la dimensione di piccolo centro rurale conserva e permetta ancora la ricchezza di relazioni tra le persone, le generazioni, l’ambiente e la memoria”.

Se un vecchio copertone può diventare un’altalena, chissà se un giorno l’ecologia potrà diventare una ragione di espressione quotidiana.
Purtroppo questo futuro non è ancora cominciato. Oggi spendiamo di più per telefonare a casa e per dire “arrivo, butta la pasta” che per il costo della pasta stessa. Parcheggiare una notte in un qualsiasi aeroporto costa quanto 40 chili di pasta. Un quantitativo così elevato che potrebbe sfamare 400 persone. Questi esempi banali evidenziano il legame molto stretto tra la mercificazione in atto nella nostra realtà quotidiana e la destrutturazione dei diritti delle persone. Esempi banali di una società fondata sui privilegi, sugli sprechi e sulle diseguaglianze.
Anche a Cagliari c’è chi non vuole essere complice di un sistema che impoverisce tanti e arricchisce pochi. In queste ore è partito un appello online, promosso dalla Ong sarda AseCon (amici senza confini) in collaborazione con l’Asarp (associazione sarda per l’attuazione della riforma psichiatrica) e la cooperativa sociale “Il Giardino di Clara”.

L’appello è rivolto a tutti coloro che sono convinti che la società in cui viviamo debba cambiare radicalmente rotta verso un nuovo punto di vista, che parta da un altra economia possibile e sostenibile. Un economia che metta al centro i bisogni, le necessità delle persone e la salvaguardia dell’ambiente attraverso la pratica della nonviolenza e la riconversione ecologica. Per questi motivi i promotori dell’appello hanno creato “ArtEco, quando l’ecologia diventa ragione di espressione quotidiana”. Uno spazio aperto e plurale, basato sull’autorganizzazione collettiva e democratica.
Ogni artigiano e artista potrà portare il proprio banchetto, stand o laboratorio, oppure potrà dare semplicemente una mano d’aiuto all’organizzazione e alla gestione dell’evento. AertEco sarà fondato sulla partecipazione e la condivisione dal basso e si svolgerà a Cagliari nella sala polifunzionale del Parco di Monteclaro dalle dalle 19.00 alle 23.00. Sei giornate che potrebbero concretizzarsi nella creazione di un mercato permanente dell’arte del riciclo e degli eco-scambi: il 18, 19, 24, 25, 30 e 31 Luglio 2012. Oltre alla mostra mercato, questo luogo ospiterà momenti di confronto, educazione e sensibilizzazione sulle opportunità dell’alimentazione naturale e locale, sulle prospettive della bio-edilizia, sulle energie rinnovabili e sulla valorizzazione della cultura e dei saperi locali. Quando i rami si seccano, le radici si abbracciano.

martedì 19 giugno 2012

Tutele e contratti atipici



di Diletta Mureddu

Lavoro in un call center che si chiama Comdata e ho un contratto a tempo indeterminato. Formalmente non sono una precaria e per il governo Monti sono pure una garantita. Al contrario di quanto dice Monti, non mi sono mai annoiata a fare sempre lo stesso lavoro. Prima di Comdata lavoravo in uncall center che si chiamava Vol2 dove tutti i 473 lavoratori avevano un contratto a tempo indeterminato.
Lavoravamo con dignità e serietà, poi improvvisamente arriva dal nulla una fantomatica proprietà di cui molti avranno di certo sentito parlare: I Liori.
Questi signori iniziano a non pagare più i nostri stipendi, i contributi, l’affitto dello stabile, le bollette, fino a che ci siamo ritrovati senza un lavoro, senza una sede in cui lavorare e senza più un futuro. Questi signori rubano i nostri soldi e umiliano il nostro lavoro e dopo aver raso al suolo tutto si volatilizzano. Eppure avevamo tutti un contratto a tempo indeterminato. L’epilogo per la maggior parte di noi è stato positivo.
Siamo stati riassorbiti dal call center Comdata. Oggi abbiamo finalmente un lavoro dopo quasi un anno di lotte, occupazioni, manifestazioni, appelli alle istituzioni. Se qualcuno mi chiedesse se sono serena con il mio contratto a tempo indeterminato risponderei di no. Le aziende oggi, soprattutto i call center e soprattutto in Sardegna, non consentono ai lavoratori di poter vivere e lavorare serenamente e tranquillamente.
C’è il pericolo della delocalizzazione, perché il lavoro in paesi come la Romania costa molto meno del nostro e permette un risparmio non da poco; c’è poi il rischio costante che i volumi di attività diminuiscano: noi lavoriamo 2 commesse per Telecom ed Enel  e viviamo nel costante terrore che i committenti possano decidere di toglierci il lavoro per mille ragioni: non siamo competitivi, non raggiungiamo gli obiettivi, costiamo troppo, ormai lavoriamo da troppi anni e non produciamo più come una persona appena assunta, siamo rami secchi da estirpare insomma.
Quindi cosa fare per poter stare sul mercato? La risposta è la totale e assoluta flessibilità. Flessibilità significa che nell’azienda per cui lavoro possiamo avere solo una settimana di turni pubblicati perché così riusciamo a evadere meglio la curva di traffico delle chiamate; vuol dire non sapere quando potremo andare in ferie estive perché d’estate c’è sempre più lavoro e bisogna venire a lavorare; significa vederci in ferie forzate a maggio perché c’e meno lavoro e quindi bisogna stare a casa perché altrimenti siamo  un costo eccessivo; significa  che veniamo mandati a casa quando non ci sono chiamate, scalandoci quelle ore dalle ferie e dai permessi o che veniamo chiamati a casa alle dieci di notte per venire a lavoro il giorno dopo in straordinario se ci sono troppe chiamate. Flessibilità vuol dire che non esistono contratti full time  da noi perché un lavoratore part time è evidentemente più flessibile a coprire le fasce orarie critiche. Lo stipendio medio di un lavoratore che ha un contratto a 20 ore è di 500 euro, un lavoratore a 30 ore ha una busta paga di 800 euro, per darvi idea dei nostri stipendi. Il precariato non è solo una condizione lavorativa nel quale la persona è privata della sua sicurezza economica, ma è anche uno stato psicologico in cui il fatto di non intravedere un futuro  determina un’angoscia profonda.
L’Eurodap (associazione europea disturbi attacchi di panico) scrive:
“Su 300 persone tra i 25 e i 55 anni, il 70% ha dichiarato di trovare proprio sul posto di lavoro la maggiore fonte di stress. Di questi, il 60% teme i colleghi mentre il 40% si dice completamente assoggettato al capo per paura di essere licenziato. L’aria che si respira in ogni luogo di lavoro è totalmente artefatta e altamente conflittuale. La paura di perdere il posto dà luogo a dinamiche fortemente competitive, con richieste di prestazioni dei dipendenti da parte dei datori di lavoro che difficilmente possono essere disattese dai lavoratori, terrorizzati di perdere la loro fonte di sopravvivenza”.
I giovani hanno bisogno di essere tutelati, di essere protetti, hanno bisogno di avere certezze sul loro futuro, non hanno bisogno della miriade di contratti atipici che non sono stati minimamente rivisti in questa manovra, non hanno bisogno della revisione dell’articolo 18.
I giovani hanno bisogno di lavoro, di uguaglianza e di equità. Hanno bisogno di una società che abbia voglia di sfidarsi e di investire sui giovani, hanno bisogno di sentirsi parte integrante e attiva di questa società perché un paese che non pensa ai giovani è un paese senza futuro e senza bellezza.
Chiudo con qualche riga di una testimonianza scritta da una mia collega in occasione di un convegno.
“Mi chiamo Giulia, ho 32 anni, una laurea in Scienze Politiche, un master in marketing e comunicazione, e lavoro in un call center. Come tutti i ragazzi cresciuti su quest’isola, ho sempre avuto il bisogno di andarmene. E così, dopo qualche mese ho avuto la mia grande occasione.
Una piccola  azienda del settore moda del capoluogo emiliano mi ha dato la possibilità di misurarmi a livello professionale. Sono entrata con uno stage, pagato, ma con le migliori prospettive di un lavoro stabile. Poi per motivi vari ho abbandonato tutto quello che avevo e sono tornata in Sardegna.
Ero convinta che, con la mia esperienza e le mie capacità, sarei riuscita anche qui a costruire un qualcosa. E invece, a due anni dal mio ritorno in patria,  le cose sono diverse.  E’ da più di un anno, infatti, che sono operatrice telefonica – assistenza clienti. Eppure io ho  nella mia vita dei ricordi ben diversi.
I miei genitori, paradosso del destino, facevano esattamente il mio stesso lavoro. Avevano due signori stipendi però con cui hanno fatto crescere, e bene, due figlie. Ci hanno coccolate e viziate. I miei genitori non hanno studiato, ma hanno fatto studiare noi. In fondo nei miei libri di economia c’era scritto che lo studio, in termini finanziari, va visto come un investimento. Posticipi l’ingresso nel mondo del lavoro, ci spendi su dei soldi, ma poi quei sacrifici sono ripagati in seguito da un lavoro meglio retribuito e da una crescita nella scala sociale. Forse è stata questa la vera favola dei nostri anni.
La vera favola è stata quella di prometterci un futuro. E sicuramente l’idea di un lavoro redditizio. I soldi non fanno la felicità, ma l’aiutano parecchio.
E nei miei sogni di bambina c’era la casa che desideravo. La vita che desideravo. E avrei voluto dare a Cagliari tutto l’amore di cui sono capace.
Sono orgogliosa di essere sarda, ma vorrei non dovermi lamentare della vita che mi costringe a fare. Vorrei mi desse l’occasione di decidere per il mio futuro. Di decidere se mettere su famiglia o di andare a vivere in una grande casa tutta sola. Vorrei fosse fiera di avere me a lavorare qui e non in qualche azienda all’estero. Vorrei che nelle pagine del più famoso quotidiano regionale ci fosse lo spazio per raccontare le storie virtuose di chi ce l’ha fatta qui. E non in qualche angolo sperduto del mondo. Vorrei ci fosse più meritocrazia. Ma soprattutto vorrei ci fosse da parte nostra più coraggio, di restare.
E non per diventare i migliori fra i mediocri, come mi è stato detto, ma perchè ci vuole molto più coraggio per tornare e restare che per partire. Perchè questa è la mia terra e io ancora ci credo”.

Il caso di Sonia Topazio I precari cedono al moralismo


Il caso di Sonia Topazio
I precari cedono al moralismo

Angela AzzaroPubblicato da 
il 18 giugno 2012.
Pubblicato in Le Altre Idee.
Laureata in Storia e critica del cinema con pieni voti. Attrice, giornalista, scrittrice. Da dieci anni Sonia Topazio è il capoufficio stampa dell’Istituto di geofisica e vulcanologia. Ma ora, dopo tanto tempo e dopo le polemiche sulla nomina del neodirettore, Massimo Ghilardi, amico di Gelmini, finisce nell’occhio del ciclone messa sotto accusa dai precari dell’istituto: Sonia Topazio sarebbe stata raccomandata. Ma la vera colpa è un’altra: l’essere stata una sex symbol, un’attrice che ha lavorato con Tinto Brass, posato per Playboy e collaborato con la rivista d’erotismo Blue.
Conta poco se in questi dieci anni ha fatto bene il suo mestiere, se ha il curriculum adatto (collabora anche con il Messagero scrivendo articoli scientifici). No, ciò che non va bene è il fatto di non avere l’immagine giusta, una sessualità normata ad uso e costumo di questo ritorno di moralismo.
Al Fatto quotidiano che le chiede di rispondere agli attacchi dei precari (che intanto su Fb stanno spammando le immagini porno) risponde che sì è vero, è stata appoggiata da un politico, ma come tutti quelli che sono lì.
Ma il punto secondo noi è nell’uso che viene fatto del suo passato da protagonista dell’immaginario erotico e o porno. È questo che non le si perdona. Ma quale sarebbe la colpa? Coloro che stanno facendo questa campagna denigratoria e squallida dovrebbero spiegarci che male c’è a fare film porno o erotici. I diritti, quelli che giustamente i 400 precari dell’Istituto chiedono, non si conquistano con norme talebane né mettendosi contro il diritto di qualcun altro. Così si costruisce una società peggiore per tutti.
Resta da fare la domanda: come mai ora questo attacco? Ci viene il dubbio che davvero i tempi siano cambiati e che a forza di avere creato un clima di caccia alle streghe possa legittimare chiunque a denigrare, sputtanare, prendersela  con le donne che non sono, secondo loro, perbene.

domenica 17 giugno 2012

Peste li colga


di Roberto Loddo 

Giugno è iniziato con il rumore dei caschi degli operai sbattuti con rabbia sui muri del palazzo della Regione. Un rumore assordante che ha accolto l’arrivo di migliaia di lavoratrici e lavoratori provenienti da tutta l’isola per partecipare alla manifestazione dei cassaintegrati di tutte le categorie produttive. Una manifestazione vivace e colorata, per protestare contro il blocco delle indennità di cassa integrazione, convocata sotto il palazzo della presidenza della Giunta in viale Trento, e che ha accompagnato la riunione di Cgil, Cisl e Uil con l’assessore al lavoro Liori. All’ordine del giorno, l’esaurimento delle risorse regionali per coprire la spesa relativa agli ammortizzatori sociali in deroga.
 
Quattro ore di confronto utili solamente a confermare l’arroganza e la superficialità di ciò che rimane della giunta regionale di centrodestra. Giunta che ogni giorno fa strage di diritti e legalità, dannosa come la Peste nera del 1300. Una Peste chiusa nei propri palazzi, che hanno più interesse alla propria sopravvivenza politica che a un miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini sardi, incapace di affrontare l’emergenza di chi rischia di non percepire più reddito già a partire da questo mese. Il governo Monti non poteva essere più esplicito, sottolineando attraverso il ministero del lavoro, il criminale ritardo della Sardegna nell’attuazione di politiche attive del  lavoro per le migliaia di lavoratrici e lavoratori fuori dal processo produttivo da anni: la disponibilità a versare le risorse dovute per gli ammortizzatori in deroga (57 milioni di euro) è strettamente legata alla capacità, da parte della Regione, di velocizzare la spesa dei 40 milioni di fondi europei destinati alla formazione e al reinserimento lavorativo.
 
Il 13 giugno, dopo l’ultimo incontro con i sindacati confederali, la giunta regionale ha deliberato la modifica alla Finanziaria per reperire i 32 milioni di euro necessari a saldare il debito con l’Inps per gli ammortizzatori sociali. Il Consiglio regionale adesso dovrà approvare un emendamento. E i sindacati sollecitano, ancora una volta, la spesa dei fondi comunitari per la formazione e il reinserimento lavorativo. Una nota stampa del sindacato sottolinea come “Il numero delle domande per la cassa integrazione in deroga è aumentato da quindici a ventimila rispetto all’anno scorso: è una situazione che impone l’utilizzo delle risorse e, contemporaneamente, un piano di politiche attive per il lavoro”. Pensiamo davvero che la fine della tempesta possa arrivare quando anche l’ultimo sussidio verrà pagato? Se il cancro potesse essere curato con un aspirina, la Sardegna non vivrebbe in maniera violenta un processo di deindustrializzazione che cammina insieme a un modello di sviluppo economico selvaggio. Un modello di sviluppo fallito, che ha lasciato un deserto di disastri sociali, ingiustizia e solitudine.
 
Ci troviamo di fronte ad una vera e propria bomba sociale rappresentata da 350 mila cittadini sardi sotto la soglia della povertà, con oltre 15 mila persone in cassa integrazione, e migliaia di aziende fallite e in crisi. Una bomba sociale pronta ad esplodere, in qualsiasi momento. Perché questa crisi non è solo il prodotto dell’incompetenza del governo regionale di centrodestra, ma è sopratutto il fallimento di trent’anni di politiche liberiste, quelle in cui ci avevano promesso un mondo più competitivo, in cui si sarebbe dovuto correre tutti un po di più, realizzando benessere diffuso per tutti.
Trent’anni di politiche liberiste mescolate al neocolonialismo dei piani di rinascita, hanno prodotto solo la totale libertà di movimento dei capitali e la completa deregolazione dei mercati finanziari. Hanno cancellato le nostre diffuse culture pastorali e contadine e ci hanno abbandonati a una condizione di progressivo sottosviluppo rispetto alle altre regioni italiane. Non ci può bastare l’erogazione di un sussidio. Come non ci possiamo limitare all’attuazione di un nuovo piano regionale delle politiche attive del lavoro. Le grida degli operai dell’Eurallumina e dei lavoratori dei call center sotto la Regione, rivendicavano una via d’uscita credibile dalla marea di disperazione ed emarginazione. Una via d’uscita che può essere determinata solo da un cambiamento radicale di rotta.
 
Un nuovo modello di sviluppo di politiche del lavoro sane, stabili, legate alle peculiarità delle nostre comunità, nel rispetto dell’ambiente, e dei diritti civili e sociali è ancora possibile.
E’ necessario costruire dal basso, dai conflitti sociali esistenti, un senso comune della crisi, per evidenziare le disuguaglienze e individuare le responsabilità di chi ha prodotto questa crisi. Responsabilità che vanno fatte pagare. Senza sconti.

giovedì 25 agosto 2011

CGIL: 6 settembre Sciopero Generale "un'altra manovra è possibile".

Sciopero Generale
Cento manifestazioni territoriali accompagneranno le 8 ore di astensione dal lavoro. Il Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso, ha presentato oggi nel corso del presidio davanti al Senato la 'contromanovra' elaborata dalla Confederazione, proposte alternative per contrastare la crisi che tengono conto dell'equità e della crescita
» VIDEO: Intervista Susanna Camusso su CGILtv

» AUDIO: Conferenza stampa Susanna Camusso
» La contromanovra della CGIL, le proposte alternative per contrastare la crisi
» Le Schede
» Il manifesto dello sciopero
24/08/2011 Condividi su: condividi su Facebook condividi su Twitter

Uno Sciopero Generale, quello proclamato dalla CGIL per mercoledì 6 settembre, che si rende necessario per cambiare il forte segno di iniquità della manovra del 13 agosto, che da ieri è all'esame della Commissione bilancio del Senato. La decisione della Confederazione di lanciare lo Sciopero Generale, come spiegato da Susanna Camusso, Segretario Generale della CGIL, oggi in presidio davanti a Palazzo Madama, insieme ad una numerosa delegazione del sindacato di Corso d'Italia, si è resa necessaria di fronte una manovra “bugiarda”, che non “permetterà al Paese di raggiungere gli obiettivi dichiarati per i pareggi di bilancio, perchè profondamente depressiva”. “Sappiamo benissimo - prosegue Camusso - che stiamo chiedendo un sacrificio straordinario ai lavoratori, ma un sacrificio straordinario va chiesto di fronte ad una situazione straordinaria, e lo chiediamo oggi per non avere una condizione sbagliata domani”.

Cento manifestazioni territoriali accompagneranno lo Sciopero Generale del 6 settembre che sarà di 8 ore per ogni turno di lavoro. Una grande mobilitazione per chiedere l'immediato ritiro di una manovra che “non favorisce la crescita e fa pagare solo ai contribuenti onesti” e per sostenere delle proposte alternative di contrasto alla crisi, come quelle presentate oggi dalla CGIL nel corso della conferenza stampa davanti al Senato, perchè “un'altra manovra è possibile”.

La 'contromanovra' elaborata dalla Confederazione, come spiega Camusso ai microfoni della CGILtv “vuole tener conto dell'equità e della giustizia fiscale e indica dove trovare le risorse utili, costruendo contemporaneamente risposte per la crescita a partire dall'occupazione giovanile”. La CGIL accusa il Governo di aver varato una manovra che aumenta le tasse, soprattutto sui redditi da lavoro dipendenti e da pensione, sui redditi medio bassi e sui contribuenti onesti, per questo propone una maggior equità attraverso la tassazione dei redditi diversi quelli 'fissi' a cominciare dai grandi patrimoni e da una vera lotta all'evasione fiscale e contributiva. In particolare, nella 'contromanovra' la CGIL rivendica un'imposta ordinaria sulle grandi ricchezze, con un'aliquota progressiva solo sulla quota che eccede gli 800mila euro; un'imposta straordinaria sui grandi immobili, il cui valore netto superi la soglia degli 800mila euro; un 'contributo di solidarietà' su tutti i redditi; l'aumento della tassa di successione per incentivare l'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. Inoltre, la CGIL vuole contrastare il carattere depressivo del decreto e propone un fondo per la crescita e l'innovazione da destinare ad un piano energentico nazionale, a politiche di green economy, alla ricerca e allo sviluppo e ad una seria politica industriale per il Mezzogiorno. Come più volte ribadito dalla leader della CGIL, il Consiglio dei ministri ha varato una manovra “bugiarda” perchè “dice di tagliare i costi della politica, ma in realtà fa solo demagogia, riducendo gli spazi di democrazia, con i tagli agli enti locali, senza intervenire sulle risorse nazionali”, per questo è importante, ribadisce la CGIL nella sua 'contromanovra', “il taglio lineare ed immediato di tutti i vitalizi di politici e amministratori pubblici”.

Minacciata dalla manovra anche la “natura e l'identità del nostro Paese” avverte Camusso, è un provvedimento, spiega, “che senza dirlo introduce la norma di licenziamento senza giusta causa, interferendo nella libertà di contrattazione dei sindacati” e “tenta di cancellare le festività del 25 aprile, del 1° maggio e del 2 giugno. Si vuole cambiare la sua storia e le sue gloriose radici che risiedono nella Liberazione e nella costituzione della Repubblica”. A questo proposito il Segretario Generale ha ricordato la petizione popolare che la CGIL ha promosso per preservare la memoria e l'identità dell'Italia, che ad oggi ha raccolto quasi 30mila firme. Con lo Sciopero Generale del 6 settembre la CGIL vuole sostenere tutto questo e quindi più crescita, più occupazione e più sviluppo.

Manovra: CGIL, al via petizione per salvare feste civili.

Petizione popolare
Manovra: CGIL, al via petizione per salvare feste civili
La norma va cancellata per preservare memoria e identità paese. Le Feste della liberazione, del Lavoro e della Repubblica stanno bene dove sono. Nessuno cambi data a giornate che parlano all'identità ed ai valori laici del nostro Paese. La proposta del Governo, contenuta nel Decreto Legge 138, è sbagliata e discriminatoria. Firma e fai firmare la nostra Petizione
24/08/2011 Condividi su: condividi su Facebook condividi su Twitter

Clicca qui per firmare la petizione

Spostare o accorpare alla domenica le festività civili e laiche “colpisce l'identità e la storia del nostro Paese, ne indebolisce la memoria e rappresenta un grave limite per il futuro”, producendo per altro un “irrisorio beneficio economico”. Per cancellare questa scelta contenuta nella manovra la CGIL lancia oggi una petizione per salvaguardare le tre ricorrenze in discussione - il giorno della Liberazione, quello del lavoro e quello della Repubblica - che si potrà firmare sul sito della CGIL www.cgil.it o direttamente presso le Camere del lavoro sul territorio.

La segreteria nazionale della CGIL in una nota sottolinea, infatti, come “in un provvedimento iniquo, e che noi contrastiamo con forza, si colloca così anche una norma che colpisce l’identità e la storia del nostro Paese, ne indebolisce la memoria e rappresenta un grave limite per il futuro”. Le ricorrenze civili, spiega il sindacato di corso d'Italia, “vanno celebrate con attenzione e rispetto, perché parlano a tutti, alla ragione stessa del nostro stare insieme, e perché i valori che esse affermano non siano ridotti ad un momento residuale”.

Il 25 aprile, il 1° maggio e il 2 giugno, ovvero “il ricordo della Liberazione del nostro Paese da una dittatura feroce e sanguinaria; la celebrazione del Lavoro come strumento di dignità per milioni di donne e uomini che con la loro fatica ed intelligenza consentono al Paese di progredire; la celebrazione del passaggio alla Repubblica parlamentare”, sono “tappe fondamentali che non intendiamo consentire vengano cancellate”. Per altro, sottolinea ancora la segreteria CGIL, “mentre irrisorio è il beneficio economico che ne deriverebbe, i costi civili sul versante della memoria e dell’identità sarebbero, se la norma venisse confermata, di gran lunga maggiori. Inoltre, è sufficiente un confronto con altre situazione per vedere come l’Italia è un Paese che ha un numero contenuto di festività civili e come in altri Paesi le ricorrenze civili siano celebrate e custodite con attenzione”.

Da queste considerazioni nasce per la CGIL la convinzione che “bisogna che ognuno di noi si faccia carico di dire la propria contrarietà a questa previsione e di farla dire al maggior numero di cittadini possibile: tante sono le gravi conseguenze dei contenuti della manovra, quella che riguarda le festività civili non è da meno”. Per questo a partire da domani mattina e per i prossimi giorni sarà possibile firmare la petizione sul sito della CGIL ( www.cgil.it ) o direttamente presso le diverse sedi delle Camere del Lavoro dietro le parole “alziamo insieme la nostra voce perché l’identità ed il futuro dell’Italia sono un bene indisponibile ad ogni manipolazione”