domenica 6 luglio 2008

Call center in Sardegna: un esercito di 8.000 operatori



Maggiori tutele per i lavoratori, avvio di una fase di attività di relazioni sindacali e attenzione della classe politica verso un settore che impegna 8.000 addetti ma dove è scarsa l'attività sindacale. E' quanto auspica per i lavoratori dei call center la Cisl sarda che ha organizzato un incontro dibattito a cui ha preso parte anche l'assessore regionale del Lavoro, Romina Congera.

In Sardegna operano 80 aziende alcune delle quali (le più grandi) superano i 200 addetti ed una ha oltre 1.000 dipendenti. Secondo i dati forniti da Mauro Dessì, della Fistel Cisl, “oggi l'età media dei lavoratori dei call center sardi si attesta fra i 20 ed i 40 anni ed è cresciuta negli ultimi 10 anni”. Secondo il sindacato sardo, però, al di là dei grandi gruppi vi sono anche piccolissimi call center (5-50 lavoratori) che “fanno ricorso a forme contrattuali come i contratti a progetto” e neppure i dispositivi di legge della Finanziaria 2007 hanno migliorato la loro situazione.

“Le ultime stime della Direzione regionale del lavoro - ha proseguito Dessì - indicano un numero ancora troppo alto di lavoratori (quasi 1.300) irregolarmente inquadrati con contratti a progetto”. A questo proposito il segretario regionale, Giovanni Matta, nella sua relazione introduttiva ha ricordato che, sempre dai dati della Direzione del lavoro, “sono state ispezionate 70 aziende (45 a Cagliari, due ad Oristano e 28 a Sassari) e, ad oggi, solo otto hanno concluso accordi per la stabilizzazione dei lavoratori, per un totale di 374 operatori, mentre per altre 67 aziende e 1.449 operatori sono in corso i provvedimenti”.

“Riprenderemo subito i contatti con Confindustria ed i Sindacati perchè si possa aprire di nuovo il tavolo di confronto ora interrotto - ha detto l'assessore Congera – il nostro obiettivo unico, che è anche responsabilità di tutti, è quello di dare tutele ai lavoratori, magari riuscendo a stabilizzare la loro posizione lavorativa”.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Straordinaria adesione allo sciopero regionale delle telecomunicazioni


da Bologna2000

Lavoratori dei Call Center in lotta contro la precarietà, tecnici di Telecom in “divisa” aziendale in lotta contro 5.000 licenziamenti, lavoratori di Wind, di Vodafone, di Fastweb, di Ericsson, di Tiscali, di H3G colpiti da continue riorganizzazioni.

Un corteo colorato e rumoroso, arricchito da delegazioni del Triveneto, delle Marche e dell’Umbria, ha percorso le vie del centro di Bologna per dire basta ai licenziamenti, alle esternalizzazioni, agli appalti incontrollati, ai trasferimenti immotivati, alla perdita di professionalità, alla riduzione del reddito ed al peggioramento delle condizioni di lavoro.

Al termine del corteo numerosi delegati hanno preso la parola per denunciare le loro condizioni di lavoro. Nell’intervento unitario conclusivo il segretario nazionale della SLC, Alessandro Genovesi, si è concentrato sulla lotta nazionale che si sta conducendo in Telecom contro i licenziamenti, sull’importanza di affrontarla insieme con i lavoratori di tutte le altre aziende del settore, preannunciando una grande iniziativa nazionale il 19 settembre per la stabilizzazione dei lavoratori dei Call Center in outsourcing.

(Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil)

Anonimo ha detto...

Messina, i sindacati in difesa dei lavoratori dei Call Center

Posted on June 26, 2008

MESSINA - Un’anomalia, secondo i sindacati, che a Messina nessuno abbia mai dato applicazione alle circolari dell’ex ministro Damiano relative alla stabilizzazione dei lavoratori dei Call Center che, nella città dello Stretto, ammonterebbero ad “un numero imprecisato, con un numero imprecisato di lavoratori”. “Isole che sfuggono a controlli e norme”li hanno definiti i tre segretari della Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, rispettivamente Biagio Oriti, Mimmo Allegra e Nicola Alessi, chiedendo un incontro presso l’Ispettorato affinché si ottenga il rispetto delle normative esistenti.

I tre rappresentanti sindacali hanno inoltre invitato i lavoratori dei Call Center a tutelarsi e difendere i propri diritti, ricordando che la regolarizzazione per il personale impiegato in telefonate esterne rivolte al cliente (out bound) è possibile fino al 30 settembre.

“Se non lo hanno fatto finora le aziende non lo faranno neanche dopo. - sottolineano Oriti, Allegra ed Alessi - Ma la stabilizzazione degli out bound è prevista dalla legge e confermata da una sentenza della Cassazione quindi chi ha questi requisiti si può rivolgere al sindacato per ottenerne il rispetto”.

“Se c’è una legge che stabilisce che in presenza di determinati requisiti i lavoratori vanno stabilizzati e le aziende non la applicano, - proseguono i tre segretari - queste aziende vanno sanzionate”. “È un’occasione storica per stabilizzare il personale precario dei call center, costituito in prevalenza da donne, che potrebbe non ripetersi. Serve quindi un impegno straordinario da parte di tutti gli attori e in particolare degli stessi lavoratori che, anche appoggiandosi alla forza unitaria del sindacato, possono ottenere – concludono gli esponenti sindacali di Cgil, Cisl e Uil - il giusto riconoscimento di quei diritti fino ad oggi negati”.

Precari in Linea ha detto...

BREVE ESCURSIONE NEI CPT DEL LAVORO ELETTRONICO


DI FRANZ KRAUSPENHAAR
Nazione indiana

Call-center. Tutt’altro che una parola magica, che una formula per la scoperta di qualcosa di utile. Un solo significato pregnante, che ne nasconde qualsiasi altro: sfruttamento elettronico.
“Operai telefonici, ecco quello che siamo”, mi dice un ragazzo che forse non è più un ragazzo, a guardarlo con attenzione. Indossa una maglietta nera con su stampato il nome di una rock band degli anni Ottanta. Ecco, mi trovo davanti a un esemplare non raro di essere umano di sesso maschile fuori tempo massimo. Una specie di pugile suonato del mondo del lavoro, di reperto funzionante.

I turni sono serrati, giovani e meno giovani si pigiano alle loro postazioni. Uomini e donne, più o meno in parti uguali. C’è di tutto: dallo studente di buona famiglia che raggranella i soldi per la vacanze in Spagna allo studente che viene da fuori – spesso da molto fuori – e lavora al call center per pagarsi l’esoso affitto. E poi il disoccupato, di età indefinita, di indefiniti gusti e inclinazioni, che le ha provate tutte, e alla fine è arrivato qui, all’ultima stazione, un luogo teoricamente di transito che alla fine è diventato definitivo, o quasi. C’è l’ex manager licenziato che non riesce a ricollocarsi e in attesa di una chiamata propizia sconta la sua pena al call center. E c’è la pensionata, che distribuisce caramelle ai giovani per ingraziarseli, che parla con spiccato accento milanese e ha vissuto la sua vita lavorativa in fabbrica e ora è qui perché i soldi non bastano mai.

Turni serrati, pause brevi. L’operaio telefonico esce dal suo gabbiotto tutt’altro che insonorizzato, dopo aver chiamato per ore e ore a numeri telefonici sputati a raffica dal computer che ha davanti, cercando di vendere spesso un prodotto telefonico, spesso facendo domande rigorosamente prefissate per un sondaggio che ha come tema quasi sempre i molteplici servizi di una compagnia telefonica, e va a fumarsi una sigaretta in un altro gabbiotto pronto all’uso. Al ritorno alla postazione, di nuovo voci laconiche dall’altra parte, spesso seccate, a volte ostili. L’operaio telefonico non deve lottare contro una lastra o una lamiera riottose a contorcersi, non deve lottare contro un nastro trasportatore sempre troppo veloce, da Tempi moderni: no, deve lottare contro delle voci, voci di persone che non conosce e non conoscerà mai, estranee, lontane, assenti. Il ragazzo non più ragazzo ha dismesso il sorriso. E’arrivato alla maturità assaggiando soltanto l’amaro della precarietà. Nell’azienda di sondaggi telefonici dove lavora viene ormai pagato a cottimo, spesso viene lasciato a casa perché il lavoro manca. I supervisori, ragazzi o ex ragazzi come lui che prendono poco più di lui e controllano il lavoro suo e dei suoi colleghi, sono diventati dei cerberi senza cuore, spie a buon mercato della direzione. I controlli telefonici s’infittiscono. Dai piani alti, gli esperti di sondaggi pagati a peso d’oro vivono nella loro camera iperbarica. Prendono a piene mani i dati grezzi forniti dagli operai e li manipolano senza che le due parti prendano mai contatto, come se da una fabbrica della Siberia provenisse la materia prima che la fabbrica in Italia lavora. E’ il trionfo della spersonalizzazione, non ancora giustamente descritto da libri e film; in Italia il fenomeno dei call center, sorta di CPT del lavoro, è stato finora trattato col bonario umorismo da “poveri ma belli 2000” che non fa giustizia di una situazione ingovernabile nella quale regna il sopruso: paghe ai minimi termini, nessuna garanzia per il presente e per il futuro, nessuna regolamentazione che minimamente abbia un occhio pensante per la professionalità. Un mondo di passaggio, una terra di nessuno nella quale ai piani bassi sono tutti mediamente utili, ma sostituibili nel giro di un minuto. Polli d’allevamento parlanti, dentro cuffie usate da chiunque, che ripetono a mantra assurdo sempre le stesse frasi che perdono senso sempre di più, a ogni giro lento e drammatico di questa corsa inutile.

Fermi nei box, come polli d’allevamento

Forse dobbiamo andare ai tempi per l’appunto andati per trovare, nel cinema e nella letteratura, suggestioni importanti sul tema del lavoro. Certo, nei decenni passati i call-center non esistevano. Ma esistevano già le catene di montaggio (regalo all’umanità di Henry Ford negli anni ’20), le catene di negozi, grandi magazzini, banche (la prima fu quella della Bank of America dell’italoamericano A.P. Giannini). Esistevano gli autogrill, luogo del consumo in serie: nei primi anni Sessanta il fantasioso regista cinematografico e televisivo Ugo Gregoretti dirige il cortometraggio Polli d’allevamento, con Ugo Tognazzi, all’interno del film a episodi RoGoPaG, nel quale a un certo punto sostituisce l’immagine della domenicale famigliola tognazzesca, che mangia il suo pranzo standardizzato all’autogrill in mezzo a lunghe file di altre persone, con la visione di una grossa batteria di polli d’allevamento che spingono i loro colli in un movimento sussultorio nel prendere spasmodicamente il becchime nei loro box.

Ecco, questa visione grottesca e allo stesso tempo orrorifica, è quella che mi viene in mente quando penso al lavoro nei call-center, dove ci sono appunto dei box, o postazioni, nelle quali gli operatori telefonici prendono il loro becchime muovendo collo e ganasce e insomma tutta la bocca per approvvigionarsi del cibo. E’ una lotta per la sopravvivenza che si consuma attorcigliandosi nei cavi a groviglio della tecnologia. Lungo le linee telefoniche i moderni polli d’allevamento del terziario avanzatissimo sprecano la loro triste vita di animali precari, di vittime del sistema pronti ad essere divorati. Lo scandalo dei call-center sta nel dare un lavoro a chi lo cerca senza alcuna assistenza, in un tempo sprovvisto di ogni determinatezza. Un pollo ucciso e mandato al consumo sui nastri trasportatori ha uguale, poco valore e nessun diritto di un altro. Siamo all’abuso per principio di una qualsiasi proposta di dignità umana. Sbagliano coloro che vedono in questo tipo di occupazione a strapiombo sull’indigenza una per così dire “pezza” messa dal sistema piuttosto che il nulla. Forse, posso azzardare, è meglio il nulla della fine anche ingloriosa di questa presa in giro su scala industriale, nell’illusione che la giovinezza – e la sua costitutiva indeterminatezza – non abbia mai fine: è l’età adulta quella definitiva, e ogni essere, cittadino adulto, in una società non dico sana ma meno malata della nostra, dovrebbe avere il diritto a un’occupazione che dia non solo pane, ma anche dignità per il presente e per il futuro.
Altrimenti, se questo è il baluardo che ci propone la società a un mondo di delitti, non passerà molto tempo che certa gente, forse molta, preferirà l’azzardo della delinquenza piuttosto che la sicurezza molto virgolettata di una simile sussistenza, squallida e senza onore.

Gli schiavi elettronici della “new economy”

Nella aziende che usano il sistema di call-center esistono sistemi di controllo molto rigidi ed efficaci. Un sistema informativo direzionale è capace di calcolare le chiamate effettuate, i tempi medi di attesa e di servizio, le pause degli operatori, le chiamate perse. Questo tipo di sistemi aiutano la direzione a verificare la performance data dal lavoratore del “piano basso”.
Nonostante sia moralmente ben poco raccomandabile, la direzione di simili aziende si avvale spessissimo del metodo dell’intercettazione telefonica, oltre all’uso di telecamere sul posto di lavoro. Questo dovrebbe andare in opposizione all’art.4 dello Statuto dei Lavoratori, che però non prevede i call-center – e dunque è possibile, per queste aziende, aggirare la norma – ma preferisco dire “farla franca”.
E’ cosa nota a chiunque presti attenzione alle problematiche del mondo del lavoro che le nostre norma di regolamentazione sono farraginose. All’inizio del 2006 il ministero del Lavoro ha tentato di fare chiarezza nel settore, invitando al controllo dei co.co.pro: investigare se essi abbiano un progetto determinato da portare a termine e siano davvero lavoratori autonomi, quindi senza orari né giorni prestabiliti. Secondo questa nuova direttiva questo tipo di lavoro precario sarebbe dovuto sparire, ma questo non è avvenuto. Usare lavoratori con contratti a progetto che non progettano nulla. La foglia di fico che tutto nasconde, innanzitutto l’impegno da parte delle aziende. Gli schiavi elettronici della new economy continuano a spezzarsi ma non s’impiegano, per parafrasare il titolo di un libro dello scrittore torinese Andrea Bajani.

Franz Krauspenhaar
Fonte: www.nazioneindiana.com

Anonimo ha detto...

Grande....
abbiam superato i 5000 contatti...

grazie e tutti e tutte...

continuate a leggerci e seguirci...

non perdiamoci di vista!
mettiamoci in Rete!

La Redazione di Precari in Linea

Anonimo ha detto...

Protocall,
doccia fredda per i 98 dipendenti in mobilità

Svanisce la riassunzione di Answers e Tecnoconnect?

All'ultimo incontro tra Protocall e sindacati Answers e la Tecnoconnect erano assenti. Così la speranza che le due importanti aziende di call center possano riassorbire i lavoratori in mobilità, sembra svanita


Una operatrice di call center al lavoro Serravalle, 8 luglio 2008 - La speranza di essere riassunti da altri call center non è morta ma dopo l’incontro di ieri tra azienda e sindacati i 98 dipendenti di Protocall in mobilità sono ancora più preoccupati.

Answers e Tecnoconnect, le due società che avevano manifestato interesse a riassorbire i lavoratori, non erano presenti all’incontro. Ci hanno ripensato?

Forse è ancora presto per dirlo ma è difficile - in questa fase - non interpretare l’assenza come una frenata, una pausa di riflessione prima di prendere una decisione. "Sì, è vero, Answers e Tecnoconnect non c’erano. Indubbiamente è un segnale che ci preoccupa - dice infatti Michele Gargini della Cgil - In questo momento non siamo in grado di trarre indicazioni definitive dall’assenza delle due aziende all’incontro che abbiamo avuto con Protocall. Certamente, non possiamo leggere questa assenza come un elemento positivo...".



Tutto è rimandato ai prossimi giorni, a un nuovo incontro. Intanto, il sindacato si sta preparando a muovere le vie legali per garantire ai lavoratori in mobilità il pagamento della mensilità di maggio. Il mancato versamento della busta paga di maggio ha già portato a una prima azione di protesta, con assemblea e sciopero dei lavoratori. Ora Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil sono determinate ad andare avanti. La Protocall di Serravalle ha aperto la procedura di mobilità a giugno per tutti i 98 dipendenti, per cessazione dell’attività. Una decisione dovuta anche alla riduzione di commesse da parte di Telecom, come aveva sottolineato lo stesso sindacato.



Per i lavoratori una vera e propria doccia fredda, visto che un anno prima l’azienda aveva annunciato - e poi messo in atto - la stabilizzazione dei suoi dipendenti. Alla brutta notizia, però, si era subito accompagnata la speranza di un ricollocamento dei lavoratori in altre due importanti aziende di call center della provincia, la Answers e la Tecnoconnect di Serravalle. Entrambe avevano confermato la disponibilità a discutere l’assunzione dei 98 addetti Protocall partecipando all’incontro del 27 giugno con la stessa Protocall e con i sindacati. Poi, però, non si sono presentate agli altri due incontri, mercoledì scorso e ieri. Sul fronte sindacale Cgil, Cisl e Uil sono rimaste in attesa di una risposta che però ancora non c’è stata. "Per questo motivo - aggiunge Gargini - abbiamo sollecitato Protocall, sulla cui gestione della procedura manteniamo delle riserve, a fare un ulteriore passaggio di verifica per poter tornare al tavolo del confronto con una situazione più chiara, poiché è di chiarezza a questo punto che hanno bisogno i lavoratori". Oggi, intanto, assemblea dei sindacati con i lavoratori Protocall per spiegare, in dettaglio, l’esito dell’ultimo incontro e i possibili scenari che si aprono.