domenica 23 novembre 2008

Call center: 37 stabilizzati su 1570. Cagliari capoluogo del precariato e l'Inps da il via al recupero dei crediti


di Ennio Neri

da L'altraVoce.net

La giungla dei call center è in provincia di Cagliari. Dove su 39 call center operativi sono appena 37, su un totale di 1.570, i lavoratori con contratti progetto che sono stati stabilizzati. Una percentuale del 2,5 %. Un dato impressionante che conferma la diffusione del precariato nel mondo dei call center. Lo stabilisce una lunga indagine partita il primo maggio 2007 e conclusa al 30 settembre scorso. Gli ispettori hanno attivato nei call center una serie di controlli rilevando che 1476 lavoratori, inquadrati con contratti a progetto e 57 occupati con contratti di prestazione occasionali, in realtà avevano pieno diritto a contratti di lavoro subordinato.

I dati sono emersi ieri a Cagliari, durante un incontro che si è svolto nella sede della Direzione provinciale del lavoro, cui hanno partecipato la direttrice Virginia Mura Cerchi, la responsabile dell'ufficio legale Rosanna Collu e i rappresentanti sindacali di Cgil, Cisl e Uil. Gli ispettori sono riusciti a far riconoscere e recuperare all'Inps contributi per un totale di 3.435.048 euro e 346.791 euro all'Inail.

In successivi controlli effettuati in altre 22 aziende che operano sempre nel settore dei call center, è stato rilevato che 8 sono risultate irregolari, 10 in regola, mentre per le restanti 4 gli accertamenti sono ancora in corso. In quest'ultimo caso, sono stati adottati 91 provvedimenti ispettivi e individuati 397 lavoratori a progetto che avrebbero diritto a un contratto a tempo indeterminato.

I precari dei call center cagliaritani si ritrovano dal 10 ottobre sul sito “Precari in linea”. “Pensiamo di essere un punto di vista particolare, quello di una generazione che, diversamente dalle precedenti, è segnata dalla completa incertezza del presente e dalla certezza della precarietà nel futuro”, si legge nel blog, “ciò che sta accadendo alle migliaia di lavoratrici e lavoratori precari dei call center di Cagliari è solo un aspetto di quella condizione ingiusta di disagio materiale e morale in cui è costretta a sopravvivere la nostra società nell'Era della legge 30.

Viviamo”, prosegue, “in mezzo a continui controlli di produttività, abbiamo perduto il diritto ad avere una casa e una famiglia. Le uniche cose che vanno al di là dei pochi soldi che riceviamo sono le incertezze sull'oggi e sul domani, e in molti casi anche il mobbing. Questo lavoro nella sua maschera più infame è molto usurante, con rischi psicologici e fisici ancora non definiti per la salute. Riusciamo”, conclude amaro, “ad avere solo occasioni di lavoro poco qualificate, poco retribuite, poco stabili e poco tutelate, con ricorrenti e prolungati periodi di totale assenza di lavoro e di reddito”.

1 commento:

Anonimo ha detto...

“Catania è la città più precaria d’Italia”.

Lo tsunami sociale che si sta abbattendo sul Paese annunciato dalla Cgil che parla di 400 mila precari senza lavoro entro Natale, avrà i suoi effetti anche a Catania con 3140 precari che nel giro di qualche mese non si vedranno confermati i loro contratti a cui bisogna aggiungere i 3000 precari del mondo della scuola. Il fenomeno, dunque, riguarda “soprattutto” Catania che secondo il sindacato è forse la realtà cittadina che più di tante altre sta facendo i conti con un precariato destinato non solo rimanere tale ma addirittura a degenerare in licenziamenti o mancato rinnovo dei contratti.

Stamattina, nel saloncino della Cgil di via Crociferi, carte alla mano, sono stati comunicati i numeri che confermano, dal basso, quelli che il sindacato ha comunicato su scala nazionale. A leggerli è toccato a Massimo Malerba, responsabile del Nidil Cgil, la struttura sindacale che si occupa della rappresentanza dei lavoratori atipici. Accanto a lui c’erano il segretario confederale Angelo Villari e il responsabile del Dipartimento Mercato del lavoro Gabriele Centineo.

Ma ecco i numeri dei lavoratori precari esposti al rischio di non rinnovo o di recesso anticipato dei contratti nella provincia di Catania tra la fine del 2008 e il primo semestre del 2009:

Call center (1.100), Università- personale tecnico amministrativo (500), Università- ricerca (400), Commercio- grande distribuzione (700), Industria (250), Turismo- ristorazione (150), Trasporti (40). I dati sono riferiti a lavoratori a progetto, collaboratori coordinati e continuativi e lavoratori in somministrazione. A Catania va aggiunto il dato relativo al personale precario della scuola, circa 3000 in tutta la provincia.

“Una soluzione immediata? Quella di garantire ammortizzatori sociali anche ai precari – spiega Massimo Malerba- non a caso mercoledì 26, sciopereranno i venticinque lavoratori della Eurocall di Motta S. Anastasia, un call center, e nella stessa giornata si terrà un’assemblea pubblica nell’aula studio di Scienze politiche insieme agli studenti universitari per parlare di precariato a tutti i livelli in vista dello sciopero generale del 12 dicembre”. Per Angelo Villari siamo di fronte “ad un allarme grave che la Cgil lancia, e bisogna che il governo nazionale lo raccolga e attivi subito una soluzione per alleviare il disagio. Crediamo davvero che Catania sia la città più precaria, e crediamo purtroppo che il rischio si farà più alto dal 2009 in poi”. C’è poi il “rischio valanga” che il sindacato teme a medio termine. Cosa fare? Villari sottolinea che necessitano misure di ammortizzatori sociali anche per i precari e che il governo nazionale deve ripristinare quelle norme del governo precedente che miravano ad ottenere alcune garanzie certe per i precari ed evitare la “non rinnovabilità” dei contratti a tempo determinato per il pubblico impiego.

All’incontro di stamattina erano presenti anche tre lavoratori precari provenienti dal mondo dei call center e della scuola che hanno testimoniato le loro vite lavorative difficili e senza garanzie, nemmeno per il futuro prossimo.

Gabriele Centineo ha messo in guardia anche su una realtà che vanifica gli sforzi di chi opera nella legalità: “La fascia del lavoro nero si allarga e così non vengono colpite solo le fasce deboli ma anche il cuore del sistema. Bisogna lavorare su più fronti, e insieme, per salvarci tutti ”.