venerdì 13 febbraio 2009

Nella giungla sarda dei call center


di Roberto Loddo
da Liberazione.it
13/02/2009

«Buongiorno, sono Roberto Guidi del servizio clienti». Una frase ripetuta centinaia di volte al giorno, da 80mila lavoratori e lavoratrici dei Call Center in tutta Italia, e 8 mila solo in Sardegna. Una frase rituale che caratterizza lo status quo della generazione "usa e getta". Da una lunga indagine sui call center della Provincia di Cagliari, partita il primo maggio 2007 e conclusa il 30 settembre scorso dalla Direzione Provinciale del lavoro emerge un quadro lavorativo del popolo delle cornette preoccupante e disastroso. La percentuale delle stabilizzazioni è ferma al 2,5%. La circolare dell'ex ministro del lavoro Damiano è rimasta disattesa assieme agli accordi sindacali che prevedevano la promozione della trasformazione dei rapporti di collaborazione a progetto mediante la stipula di contratti di lavoro subordinato. Le conclusioni delle ispezioni evidenziano una "giungla" fuori da ogni legalità, lontana dalle garanzie dello statuto dei lavoratori.

Per il mondo del call center cagliaritano i problemi non sono finiti, e le prospettive future prevedono disastri ben peggiori. A partire dalla famigerata "nuova circolare Sacconi" sui call center, emanata lo scorso dicembre, che in base ad una sentenza della cassazione produrrà un effetto di tolleranza verso gli abusi e incoraggiamento verso il precariato. La finalità della "Circolare Sacconi" è infatti quella di contestare e riformulare gli indici presuntivi sulla subordinazione dei lavoratori dei call center presenti nella precedente "Circolare Damiano". La Slc Cgil ricorrerà alla magistratura per chiedere il ritiro della circolare, ma un terremoto sta per abbattersi sugli operatori out bound.

Un'altra drammatica emergenza è rappresentata dal Garante per la protezione dei dati personali, che lo scorso 26 giugno ha vietato ad alcune società specializzate il trattamento (non in conformità con la legge) dei dati personali. Dati provenienti da elenchi telefonici pubblicati prima del primo agosto 2005 e senza che gli interessati abbiano espresso il proprio consenso. Alessandro Genovesi, segretario nazionale della Slc Cgil, ha proposto un tavolo negoziale tra Garante, aziende e sindacati sottolineando che «il Garante ha chiesto solo il rispetto della legge. Le aziende oneste acquistano i dati in conformità con le norme in vigore, altre invece attingono a banche dati non autorizzate».

La lotta per l'estensione delle tutele e dei diritti ai lavoratori dei call center può nascondere anche numerose e invisibili "trappole". Trappole costruite con l'accordo consapevole di improvvisati difensori dei diritti sociali e famelici imprenditori senza scrupoli. L'esempio più eclatante è ben descritto in Internet su un noto sito di annunci di lavoro, a cui numerose aziende di telecomunicazioni fanno riferimento per la ricerca di operatori. Cliccando su alcuni annunci si nota infatti l'offerta di un "contratto a progetto", con l'applicazione di un "contratto" sottoscritto tra l'azienda (citata nel sito) e il movimento sindacale Zona Deprecarizzata a tutti i lavoratori selezionati. C'è da rimanere sbalorditi nello scoprire come un movimento che fonda la propria natura sulla lotta alla precarietà rivendichi e sostenga un accordo lontano anni luce dal riconoscimento dei diritti dei lavoratori.

Fortunatamente esiste (ancora) il contratto collettivo nazionale di lavoro delle Telecomunicazioni, che l'attuale governo Berlusconi vorrebbe mettere in soffitta. E fortunatamente la realtà dei call center di Cagliari è fatta anche di imprenditori seri e onesti che portano avanti un'idea di impresa compatibile con i diritti sociali dei lavoratori. La data del 19 settembre ha rappresentato una delle poche note positive del 2008. Una grande manifestazione nazionale in contemporanea con lo sciopero nazionale di tutte le aziende di call canter. Una manifestazione colorata e partecipata sotto la pioggia di Roma, con 5mila operatrici e operatori che per una giornata si sono "sloggati" dalle cuffiette per dire basta a tutte le leggi che producono precarietà, e a tutte le imprese che ricorrono al lavoro irregolare e ai bassi salari. Insomma, i lavoratori dei call center hanno molti motivi per impedire che la Sardegna cada in mano a Capellacci-Berlusconi e, al contempo, dovrenno organizzarsi meglio perché neppure la vittoria di Soru risolverà tutti i loro problemi.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

La laureata: "Scrivevo gratis
Ho mangiato con i call center"
Chiara Rossi. Il primo impiego: un anno e mezzo da addetta in un call center, prima con un part time da 400 euro al mese, poi con un full time da 600

«Ho avuto anche 14 contratti in un anno, da 10 e 15 giorni. Impossibile lasciare i genitori, si rischia l’abbrutimento»
A.ROS.
TORINO
Il guaio è che certe volte, prima di agguantare il primo impiego, tocca aspettare anni. Prendete Chiara Rossi, biellese d’origine, laureata in Storia e critica del cinema. La sua unica «colpa» è aver cercato un lavoro per quel che aveva studiato. E aver insistito, almeno fino a un certo punto, prima di ripiegare altrove. «Per un po’ ho accettato stage, corsi di formazione, qualunque cosa potesse tenermi ancorata ai miei studi, anche se non mi pagavano. Di giorno inseguivo le mie passioni sperando di trasformarle in lavoro; la sera mi mantenevo lavorando come barista. Proprio come quando andavo all’università e cercavo di pagarmi gli studi».

Chiara lavora in case editrici, scrive persino alcuni saggi. Altri le vengono commissionati, «salvo poi scoprire a metà dell’opera che non me li avrebbero mai pagati». La resa arriva dopo un paio d’anni. E, con essa, il primo vero lavoro, se così si può chiamare. «Sono stata assunta in un call center. Che cosa potevo fare? Non mi era rimasta scelta. In un anno e mezzo ho collezionato la bellezza di 14 contratti. Il primo era un corso di formazione; poi il contratto di prova; infine, una lunga teoria di co.co.pro.». Il contratto più lungo? «Un mese. Gli altri arrivavano a 10, 15, 20 giorni. Mai di più». Uno stillicidio. «Per di più lavoravo “inbound” (gli operatori che ricevono le telefonate, non quelli che le effettuano per vendere un prodotto) e quindi, per legge, avrei dovuto essere assunta a tempo determinato come lavoratore subordinato, non con un co.co.pro. da lavoratore autonomo».

Chiara comincia con un part-time. Qualche mese dopo passa al full-time: sette ore e mezza al giorno, «dalle 8 alle 15,30 per sei giorni la settimana, anche se c’era qualcuno che ne faceva sette su sette». La paga? «Una miseria: 600 euro al mese, ovviamente con il full-time».

Impossibile vivere da soli, così, «nemmeno in un monolocale». La famiglia di Chiara è a Biella; lei s’aggiusta e coabita. «Però è dura. Rischi l’abbrutimento: fai economia, niente vacanze, niente cinema, niente cene fuori». E, intanto, continui a cercare lavoro, inseguendo i tuoi studi. «Quasi una comica: per qualcuno non hai esperienza; per altri sei laureata e quindi dovrebbero inserirti a un livello troppo alto rispetto alle mansioni che ti verrebbero affidate. Finisce che ti offrono un altro stage: e sembra quasi che ti facciano un favore».

Così Chiara, come tanti, continua a remare: «Sono stata costretta ad abbandonare quello per cui avevo studiato e accettare altro, che non mi piace ma mi dà da mangiare. Questa è la beffa: studi per anni e quando finisci ti costringono a lavorare a gratis. E nemmeno ti danno una speranza: sai già che dopo sei mesi al tuo posto arriverà un altro, in una sorta di turnover infinito. Tanto la fila è lunga».

Anonimo ha detto...

Mi chamo Tore , sono incredulito dalle cose scritte nell'articolo , ma anche di questa tipa quà.
Cioè , questa lavola fulletime e prende solo 600 euri?
Ma in che caspista di callcentere lavora?
poi comunque non deve essere molto attenta se pensava che le pagavino degli articoli che poi non gli pagavino!!!
Ma si può!!!
Invece l'altro è più meglio.
Saconi e Damiani non so chi siano , abbusi non so se ne ho subuscioto ,però sono precario pure io.
Però ho appreso una cosa da questo articolo : non sapevo che c'è una zona Ztl nei callcenter .
Ma io devo chiedere al mio tl il cartoncino? O a questi sindacati?
Ci si vede , ah come dice la visi ,
"Scrivevo Gratis"

Anonimo ha detto...

Tore, sei un grande!

zibro

Anonimo ha detto...

Telecom, Bufardeci: “Tavolo tecnico per chiusura call center Siracusa”
Pubblicato: Mar 1, 2009

Con una nota inviata ai vertici di Telecom e al Ministero delle Telecomunicazioni, il vicepresidente della Regione siciliana e assessore alle comunicazioni, Titti Bufardeci, interviene sulla vicenda del call center di Siracusa. Nei programmi della compagnia telefonica il call center dovrebbe essere chiuso e il personale trasferito ad altra sede.

Per Bufardeci: “la chiusura del call center è un fatto di particolare gravità e disagio, sia per i lavoratori costretti a pesanti trasferimenti, sia per lo sviluppo territoriale della città di Siracusa”.

La Telecom lega la chiusura del call center a ipotetici miglioramenti negli standard di qualità: “si deve tenere conto dello sviluppo integrato del sistema Paese” prosegue la nota “senza penalizzare i territori e, in linea con i principi Telecom, nel rispetto dell’imparzialità e dell’eguaglianza, sia nei confronti della clientela, sia rispetto ai territori di riferimento”.

Bufardeci chiede ai vertici Telecom e al Ministero delle Telecomunicazioni, la convocazione di un tavolo tecnico istituzionale che porti a “rivedere la decisione di chiudere il call center di Siracusa e valutare le adeguate soluzioni operative”.

Il vicepresidente della Regione, Titti Bufardeci, lancia un appello alla sensibilità e all’attenzione dell’Assemblea regionale siciliana, affinché, “il parlamento regionale assuma, sul punto, una posizione netta e chiara a sostegno dello sviluppo integrato dei territori”

Anonimo ha detto...

Telecom, chiude call center di Parma
Telecom avrebbe deciso la chiusura della sede "Customer commerciale 187" di Parma, oltre all'attivazione della mobilità territoriale verso la sede di Piacenza dei suoi 21 addetti, 11 dei quali sono lavoratrici part-time. E' previsto inoltre un ridimensionamento a livello nazionale dei lavoratori del servizio 1254, dove ci sarebbero 470 esuberi, e di tutte le linee di vendita diretta con 484 eccedenze.

I tagli previsti dalla principale compagnia telefonica italiana nelle linee di sviluppo 2009-2011 sono oggetto di un’interrogazione presentata in Regione da Roberto Garbi del Pd. Dall'incontro sarebbe emersa “una logica prettamente finanziaria rivolta a drastici tagli sul versante occupazionale e degli investimenti”, e pertanto il consigliere chiede quali iniziative abbia intenzione di intraprendere la Regione per monitorare la situazione e pretendere opportune garanzie sul mantenimento degli standard qualitativi e occupazionali riferibili al territorio regionale.

Garbi riferisce che per contrastare il piano aziendale le organizzazioni sindacali in maniera unitaria hanno dichiarato il blocco degli straordinari e di tutte le prestazioni aggiuntive proclamando per il 13 marzo prossimo uno sciopero nazionale di otto ore per tutti i dipendenti di Telecom Italia

"La riorganizzazione annunciata contemplerebbe – segnala l’e sponente del Pd - un forte calo degli investimenti destinati alla rete, pari a circa 900 milioni di euro. Sul piano dell’occupazione poi, ai 5000 esuberi dichiarati la scorsa estate, (oggetto di un accordo tra le parti e il Ministero del lavoro siglato nel settembre scorso), se ne sommerebbero ora altri 4350 circa, ma mentre nel primo caso la mobilità su base volontaria aveva avuto uno sbocco pensionistico, ora si tratterebbe di vere e propri esuberi. Le ricadute sul territorio dell’Emilia-Romagna – avverte Garbi – potrebbero essere pesanti".


Anche nelle divisioni network e tecnology che presiedono tutti i processi di Rete si temono altri 900 esuberi su scala nazionale che, sommati alla quota presente nell’accordo del settembre scorso, assommano a 3000 in questo settore. “Una tale riduzione di addetti –� commenta Garbi – non può che portare ad un deterioramento del servizio offerto sia in termini quantitativi che qualitativi con un evidente danno al sistema Paese. Purtroppo – conclude - questa riorganizzazione ancora una volta anziché puntare su investimenti ed innovazione tecnologica è basata su tagli e riduzioni del personale”.
(25 febbraio 2009)

Anonimo ha detto...

Il Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite.

SPE - La “Fuga dal call center” si fa film con Federico Rizzo

Roma, 19 feb (Velino) - Precarietà, incertezze, sogni, aspettative e ambizioni della nuova generazione di lavoratori: questa la realtà fotografata e raccontata dal film “Fuga dal call center” di Federico Rizzo, evento speciale - in anteprima per il pubblico di Officinema – domani venerdì 20 febbraio, alle ore 20.15, presso il Cinema Lumière di Bologna. Un lucido affresco sociale sul mondo del lavoro, una commedia romantica intrisa di humor nero, a tratti grottesca dedicata ad una generazione di eroi che tenta di fuggire dal precariato. Una nuova sfida per l’autore - enfant terribile del cinema milanese indipendente - da sempre impegnato nel raccontare le contraddizioni della propria generazione, prontamente raccolta da un gruppo di produttori milanesi e dalle istituzioni locali, che hanno creduto nel progetto e lo hanno sostenuto. “Fuga dal call center” è infatti un film indipendente, tutto milanese, nato grazie ad una modalità produttiva volta a fare sistema attorno ad un progetto, creando una rete di professionalità e di collaborazioni per raccontare storie forti ma soprattutto per far conoscere quella faccia della realtà spesso trascurata dal cinema main stream: una formula vincente - già impiegata precedentemente per la produzione di Fame Chimica, film cult milanese di qualche anno fa – in cui sono state coinvolte, oltre ai produttori associati (Ester Production, Augustuscolor, Lo Scrittoio, Adverteam e Pontaccio), alle istituzioni (Regione Lombardia, Provincia di Milano, Comune di Milano e Comune di Sesto San Giovanni), diverse associazioni, fondazioni (Lombardia Film Commission) e sindacati. Con questo approccio strategico Fuga dal call center ha potuto valersi della collaborazione di alcune tra le professionalità di maggiore spicco del panorama cinematografico italiano, quali per esempio Luca Bigazzi alla direzione della fotografia e Carlotta Cristiani alla supervisione del montaggio. Anche il cast artistico è stato impreziosito dalla partecipazione di attori del calibro di Paolo Pierobon e dai cammei di Tatti Sanguineti, Natalino Balasso e Debora Villa.

“Fuga dal call center” racconta la vita e le vicende sentimentali di Gianfranco (Angelo Pisani) - giovane precario dei giorni nostri, catapultato dalla gioia di una laurea a pieni voti in vulcanologia direttamente in un call center - e della fidanzata Marzia (Isabella Tabarini), costretta a lavorare come centralinista in un telefono erotico per mantenersi agli studi. Nonostante l’entusiasmo e la buona volontà, la vita è dura, monotona e soprattutto terribilmente cara! Il precariato lavorativo finisce così per diventare anche precarietà dei sentimenti intaccando la sfera privata e affettiva dei protagonisti e rischiando di travolgere ogni cosa. Il film, arricchito dalle interviste raccolte dal regista in numerosi call center di tutta la penisola, vuole fotografare la realtà del precariato guardandola da Milano che, come ha sottolineato l’autore stesso è “una delle città che maggiormente rispecchia la delicata situazione di milioni di giovani italiani, spesso costretti nel mondo del lavoro a mettere da parte qualsiasi aspirazione personale e professionale e a vivere per questo, a tutti gli effetti, una precarietà esistenziale”. Lo rende noto un comunicato stampa.

Rifondazione Libera ha detto...

La Cgil sui call center

Riceviamo da Matteo Bellegoni, Segretario NIdiL CGIL e Maurizio Mora, Segretario SLC CGIL e


“Nel merito dei comunicati e volantini apparsi recentemente in entrambe le sedi dei callcenter presenti sul territorio spezzino, dove si paventa una la volontà della CGIL di isolarsi, vorremmo chiarire nel merito la natura delle iniziative che ci hanno visti protagonisti. Come le organizzazioni sindacali territoriali, che hanno sottoscritto il comunicato, ben sapranno, il 22 gennaio 2009 è stato firmato un accordo separato che cambia completamente le regole della contrattazione. Un fatto di tale portata, in considerazione delle modifiche che produrrà nelle modalità di rinnovo dei contratti nazionali, non può prescindere da una consultazione delle lavoratrici e dei lavoratori. Per questi motivi la CGIL è impegnata in tutto il Paese nella promozione di assemblee che chiariscano ai lavoratori ciò che accadrà nel mondo della contrattazione e nel dare l’opportunità ai lavoratori di poter esprime la propria opinione. Inoltre le firme che la nostra O.S. è impegnata a raccogliere riguardano la circolare del ministro Sacconi, che facendosi beffe dei callcenter “seri” impegnati già da tempo nella stabilizzazione dei lavoratori, reintroduce la possibilità di utilizzare in tutte le modalità di lavoro i contratti a progetto e rilancia l’istituto della certificazione, che, una volta utilizzato dalle aziende, inficia la possibilità dell’Ispettorato del lavoro di poter materialmente effettuare i controlli con cui si stabilisce se i lavoratori adempiano alle mansioni contrattuali, oppure siano utilizzati “furbescamente” in altro modo per ovviare al divieto di collaborazioni nell’espletamento di alcune mansioni. Noi siamo contrari a quella circolare, in quanto penalizza i callcenter “virtuosi” e rilancia quelli “fai da te” e siamo altrettanto contrari nei confronti della strada perseguita da questo governo in merito all’accordo separato in quanto l’unico percorso con cui si possono mutare le regole democratiche può, a nostro avviso, avvenire solo attraverso la consultazione di tutti i lavoratori. Invitiamo inoltre tutti i lavoratori a raccogliere insieme a noi le firme contro la circolare Sacconi, convinti che una misura legislativa che penalizza tutti, non possa in alcun modo incontrare consenso alcuno. La nostra posizione era già manifesta in occasione dell’accordo aziendale sottoscritto in data 29 Gennaio in COMDATA, accordo che prevedeva la proroga dei contratti “interinali” sotto condizione che tale proroga fosse legata a un processo di stabilizzazione dei lavoratori stessi e che non è stata sottoscritta dalle categorie sindacali delle telecomunicazioni a causa di chi ora si erge a paladino dei lavoratori. La CGIL in tale occasione già esprimeva la volontà di poter procedere ad un accordo che non riguardasse solamente le sigle sindacali che tutelano i lavoratori atipici, ma che prevedesse la firma di tutte le categorie sindacali per meglio controllare l’attuazione concreta di tale accordo all’interno dell’azienda. Ciò non è stato possibile appunto a causa dell’atteggiamento di alcuni, che in sede di contrattazione non hanno avuto nessuna criticità da evidenziare, ma che volevano tenersi le mani libere per poter “sparare a zero” su tale accordo. L’impegno della CGIL, oggi come allora, rimane quello di tutelare il lavoro in tutte le sue forme in cui si espleta, considerando la stabilizzazione della situazione lavorativa un valore aggiunto per i lavoratori che vedono crescere i propri diritti e per le aziende che palesano la serietà delle proprie politiche aziendali, istaurando un rapporto di reciproca fiducia con tutti i lavoratori. Sperando che le motivazioni che sottintendevano quell’atteggiamento ieri, non siano le medesime con cui si critica la nostra iniziativa di raccolta firme oggi, speriamo di procedere uniti nell’avversare quell’iniziativa legislativa così svilente per i lavoratori, così svilente nei confronti di callcenter che hanno sempre manifestato profonda serietà come Call&Call e COMDATA”.

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie