sabato 20 settembre 2008

Call center, primo sciopero nazionale dei precari



Piange il telefono, diceva una canzone di qualche decennio fa. Ma a piangere, purtroppo, potrebbero essere anche quei 120 mila precari che con il telefono ci lavorano. Il settore dei call center, infatti, è da sempre l’emblema della deregulation selvaggia, del precariato usato anche quando non serve. Il caso Atesina era balzato agli onori delle cronache proprio per la sentenza dell’Ispettorato del Lavoro che riconosceva il tipo di lavoro subordinato, e quindi non giustificava più i contratti a progetto che venivano regolarmente proposti ai lavoratori. Quella vicenda, però, non ha fatto troppa giurisprudenza. E i call center continuano ad essere terreno fertile per gli abusi più indecenti.

Ultimo caso, quello delle centraliniste dell’ospedale di Legnano, la cui protesta è finita su YouTube: anche per loro, dopo tre anni di contratti precari, è arrivato il benservito. Già, perché come se non bastasse, a mettere a rischio i lavoratori ci si è messo anche il decreto 112, la manovra economica triennale approvata dal governo Berlusconi in cui si fa piazza pulita delle garanzie per i precari introdotte dal governo Prodi. Tra queste, anche l’obbligo di assunzione dopo 36 mesi di contratti: con il centrodestra al governo, i lavoratori devono accontentarsi di un risarcimento, nemmeno troppo corposo. Strada sbarrata anche per chi prova a rivolgersi a un giudice: anche qui, al massimo si otterrà qualche spicciolo, ma nessun Tribunale potrà più ordinare il reintegro dei lavoratori ingiustamente licenziati.

Insomma, di carne al fuoco ce n’è parecchia. Per questo gli addetti ai centralini di tutta Italia, venerdì 19 settembre, hanno deciso di scioperare e di scendere in piazza. Si tratta della prima manifestazione nazionale del settore. La appoggiano Cgil, Cisl e Uil ma anche i sindacati di base. Lo sciopero, si legge nella piattaforma, è «a difesa della buona occupazione, contro il dumping delle imprese più scorrette, per maggiori controlli ispettivi, per una maggiore responsabilità dei committenti e per la stabilizzazione dei lavoratori precari ancora presenti nel settore». Molto è stato fatto, ricordano i sindacati, negli anni scorsi ma tutto sembra essersi fermato. «Occorre attivare nuovamente il Tavolo nazionale sui Call Center presso il Ministero del Lavoro – sottolineano Cgil, Cisl e Uil – anche per sapere che fine hanno fatto gli oltre 8 mila verbali sanzionatori frutto dell’attività ispettiva fino intrapresa».

Tra chi rischia di perdere il posto, ci sono chiaramente anche quelli del call center Alitalia. Solo in Sicilia, come denuncia il segretario generale della Cgil siciliana, Italo Tripi, sono circa mille i dipendenti che potrebbero perdere il lavoro. Si tratta degli addetti a servizi e prenotazioni, esuberi che nemmeno il piano della Cai contemplava, perché quei lavoratori non rientrano nel «perimetro industriale». «Sono anche queste - sottolinea Tripi - le condizioni reali, che non possono essere ricondotte nelle schema imposto del prendere o lasciare, delle quali la Cgil chiede si tenga conto nella trattativa e che motivano la posizione del nostro sindacato».

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